Matteo 12,46-50.
Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli.
Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti».
Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».
Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli;
perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre».
San Rafael Arnaiz Baron (1911-1938), monaco trappista spagnolo
Scritti spirituali, 10/04/1938
“Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” Volere solo ciò che Dio vuole è logico per chi è veramente innamorato di lui. Al di fuori dei suoi desideri, i nostri non esistono, e se ne esistesse uno solo, esisterebbe perché conforme alla sua volontà, qualora non lo fosse allora la nostra volontà non sarebbe unita alla sua. Ma se veramente siamo uniti per amore alla sua volontà, non desidereremo niente che egli non desideri, non ameremo niente che egli non ami, completamente abbandonati alla sua volontà, qualunque cosa ci mandi, o dovunque ci metta ci sarà indifferente. Tutto ciò che vorrà da noi ci sarà, non solo indifferente, ma anche, per di più, piacevole.
Non so se mi sbaglio in quanto dico; mi sottometto in tutto a colui che ascolta queste cose; dico solo ciò che sento. Veramente, non desidero niente di più che amarlo, e tutto il resto lo rimetto tra le sue mani. Che la sua volontà si compia! Ogni giorno sono più felice, nel completo abbandono tra le sue mani.
Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli.
Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti».
Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».
Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli;
perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre».
San Rafael Arnaiz Baron (1911-1938), monaco trappista spagnolo
Scritti spirituali, 10/04/1938
“Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” Volere solo ciò che Dio vuole è logico per chi è veramente innamorato di lui. Al di fuori dei suoi desideri, i nostri non esistono, e se ne esistesse uno solo, esisterebbe perché conforme alla sua volontà, qualora non lo fosse allora la nostra volontà non sarebbe unita alla sua. Ma se veramente siamo uniti per amore alla sua volontà, non desidereremo niente che egli non desideri, non ameremo niente che egli non ami, completamente abbandonati alla sua volontà, qualunque cosa ci mandi, o dovunque ci metta ci sarà indifferente. Tutto ciò che vorrà da noi ci sarà, non solo indifferente, ma anche, per di più, piacevole.
Non so se mi sbaglio in quanto dico; mi sottometto in tutto a colui che ascolta queste cose; dico solo ciò che sento. Veramente, non desidero niente di più che amarlo, e tutto il resto lo rimetto tra le sue mani. Che la sua volontà si compia! Ogni giorno sono più felice, nel completo abbandono tra le sue mani.
Matteo 13,10-17.
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».
Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.
Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.
E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.
In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
Sant'Agostino (354-430),
Commento sul salmo 118, discorso 20, 1 : CCL 40, 1730-1731.
« Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che vedete »
Dice in un salmo il profeta: “Mi consumo nell'attesa della tua salvezza, spero nella tua parola” (Sal 119, 81) ... Chi esprime questo ardente desiderio se non “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato” (1Pt 2,9), ciascuno al proprio tempo, in tutti quelli che hanno vissuto, che vivono e vivranno, dall'origine dell'uomo alla fine del mondo? ... Ecco perché il Signore stesso ha detto ai discepoli: “Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete”. E' la loro voce che dobbiamo riconoscere nel salmo... Questo desiderio non è venuto mai meno nei santi e non manca, nemmeno ora, nel “Corpo di Cristo che è la Chiesa” (Col 1,18), fino a che venga colui che è desiderato da tutte le Nazioni (cf Ag 2,8)...
Nei primi tempi della Chiesa, prima che la Vergine partorisse, ci furono dunque santi che desiderarono la venuta di Cristo nell'incarnazione, nei nostri tempi, a cominciare dalla sua Ascensione al cielo, ci sono santi che desiderano la manifestazione di Cristo quando verrà a giudicare i vivi e i morti. Questo desiderio della Chiesa, dagli inizi del mondo sino alla fine, non ha mai perso il suo fervore, ad esclusione del periodo che il Signore incarnato trascorse con i discepoli su questa terra.
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».
Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.
Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.
E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.
In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
Sant'Agostino (354-430),
Commento sul salmo 118, discorso 20, 1 : CCL 40, 1730-1731.
« Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che vedete »
Dice in un salmo il profeta: “Mi consumo nell'attesa della tua salvezza, spero nella tua parola” (Sal 119, 81) ... Chi esprime questo ardente desiderio se non “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato” (1Pt 2,9), ciascuno al proprio tempo, in tutti quelli che hanno vissuto, che vivono e vivranno, dall'origine dell'uomo alla fine del mondo? ... Ecco perché il Signore stesso ha detto ai discepoli: “Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete”. E' la loro voce che dobbiamo riconoscere nel salmo... Questo desiderio non è venuto mai meno nei santi e non manca, nemmeno ora, nel “Corpo di Cristo che è la Chiesa” (Col 1,18), fino a che venga colui che è desiderato da tutte le Nazioni (cf Ag 2,8)...
Nei primi tempi della Chiesa, prima che la Vergine partorisse, ci furono dunque santi che desiderarono la venuta di Cristo nell'incarnazione, nei nostri tempi, a cominciare dalla sua Ascensione al cielo, ci sono santi che desiderano la manifestazione di Cristo quando verrà a giudicare i vivi e i morti. Questo desiderio della Chiesa, dagli inizi del mondo sino alla fine, non ha mai perso il suo fervore, ad esclusione del periodo che il Signore incarnato trascorse con i discepoli su questa terra.
Matteo 13,18-23.
Voi dunque intendete la parabola del seminatore:
tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,
ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.
Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto.
Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».
San [Padre] Pio di Pietrelcina (1887-1968),
Ep 3, 579 ; CE 54
Portare frutto, liberi dalle preoccupazioni del mondo
Va’ avanti con semplicità sulle vie del Signore, e non preoccuparti. Odia i tuoi difetti, sì, ma tranquillamente, senza agitazione, né inquietudine. Bisogna usare pazienza a loro riguardo e trarne profitto grazie ad una santa umiltà. Per mancanza di pazienza, le tue imperfezioni, anziché scomparire, non faranno che crescere. Perché non c'è niente che rinforza tanto i nostri difetti quanto l'inquietudine e l'ossessione di liberarsi di loro.
Coltiva la tua vite di comune accordo con Gesù. A te spetta togliere le pietre e strappare i rovi. A Gesù, spetta seminare, piantare, coltivare ed annaffiare. Ma anche nel tuo lavoro, agisce ancora lui. Senza Cristo infatti, non potresti fare nulla.
Voi dunque intendete la parabola del seminatore:
tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,
ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.
Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto.
Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».
San [Padre] Pio di Pietrelcina (1887-1968),
Ep 3, 579 ; CE 54
Portare frutto, liberi dalle preoccupazioni del mondo
Va’ avanti con semplicità sulle vie del Signore, e non preoccuparti. Odia i tuoi difetti, sì, ma tranquillamente, senza agitazione, né inquietudine. Bisogna usare pazienza a loro riguardo e trarne profitto grazie ad una santa umiltà. Per mancanza di pazienza, le tue imperfezioni, anziché scomparire, non faranno che crescere. Perché non c'è niente che rinforza tanto i nostri difetti quanto l'inquietudine e l'ossessione di liberarsi di loro.
Coltiva la tua vite di comune accordo con Gesù. A te spetta togliere le pietre e strappare i rovi. A Gesù, spetta seminare, piantare, coltivare ed annaffiare. Ma anche nel tuo lavoro, agisce ancora lui. Senza Cristo infatti, non potresti fare nulla.
Matteo 13,24-30.
Un'altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.
Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.
Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?
Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?
No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.
Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Beato John Henry Newman (1801-1890), sacerdote, fondatore di una comunità religiosa, teologo
Omelie in varie occasioni, n° 9, 2.6
“Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura”
Ci sono scandali nella Chiesa, cose biasimevoli e vergognose; nessun cattolico potrà negarlo. Sempre la Chiesa è incorsa nel rimprovero e nella vergogna di essere la madre di figli indegni; ha figli buoni e molti di più cattivi. ... Dio avrebbe potuto istituire una Chiesa pura; ma ha predetto che la zizzania seminata dal nemico sarebbe stata insieme al grano fino alla mietitura, alla fine del mondo. Ha affermato che la sua Chiesa sarebbe stata simile ad una rete di pescatore “che raccoglie ogni genere di pesci” e solo la sera se ne fa la cernita (Mt 13,47s). Inoltre, ha dichiarato che i malvagi e i meno buoni avrebbero superato di molto i buoni. Ed ha aggiunto: “Molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 22,14), e l'apostolo dice: “c'è un resto, conforme a un'elezione per grazia” (Rom 11,5). C'è dunque senza posa, nella storia e nella vita dei cattolici, ampia materia per fare il gioco di chi è contro la Chiesa...
Ma non abbassiamo la testa dalla vergogna, per nascondere il viso fra le mani: alziamo le mani e il viso al nostro Redentore. “Come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni ..., così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi” (Sal 123,2)... Ci rivolgiamo a te, giusto giudice, poiché sei tu che ci guardi. Non facciamo alcun caso agli uomini, finché ti abbiamo, te..., finché abbiamo la tua presenza nelle nostre assemblee, la tua testimonianza e la tua approvazione in cuore.
Un'altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.
Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.
Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?
Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?
No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.
Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Beato John Henry Newman (1801-1890), sacerdote, fondatore di una comunità religiosa, teologo
Omelie in varie occasioni, n° 9, 2.6
“Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura”
Ci sono scandali nella Chiesa, cose biasimevoli e vergognose; nessun cattolico potrà negarlo. Sempre la Chiesa è incorsa nel rimprovero e nella vergogna di essere la madre di figli indegni; ha figli buoni e molti di più cattivi. ... Dio avrebbe potuto istituire una Chiesa pura; ma ha predetto che la zizzania seminata dal nemico sarebbe stata insieme al grano fino alla mietitura, alla fine del mondo. Ha affermato che la sua Chiesa sarebbe stata simile ad una rete di pescatore “che raccoglie ogni genere di pesci” e solo la sera se ne fa la cernita (Mt 13,47s). Inoltre, ha dichiarato che i malvagi e i meno buoni avrebbero superato di molto i buoni. Ed ha aggiunto: “Molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 22,14), e l'apostolo dice: “c'è un resto, conforme a un'elezione per grazia” (Rom 11,5). C'è dunque senza posa, nella storia e nella vita dei cattolici, ampia materia per fare il gioco di chi è contro la Chiesa...
Ma non abbassiamo la testa dalla vergogna, per nascondere il viso fra le mani: alziamo le mani e il viso al nostro Redentore. “Come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni ..., così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi” (Sal 123,2)... Ci rivolgiamo a te, giusto giudice, poiché sei tu che ci guardi. Non facciamo alcun caso agli uomini, finché ti abbiamo, te..., finché abbiamo la tua presenza nelle nostre assemblee, la tua testimonianza e la tua approvazione in cuore.
Matteo 13,31-35.
Un'altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.
Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».
Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,
perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
San Josemaría Escrivá de Balaguer (1902-1975), sacerdote.
Omelie in Amigos de Dios
“Perché tutta la pasta fermenti"
Vi ricordo che la grandezza consiste nel sostenere in modo divino il compimento fedele dei doveri abituali di ogni giorno, le lotte quotidiane che riempiono di gioia il Signore e che soltanto Lui e ciascuno di noi conosciamo. Convincetevi che, d'ordinario, non ci sarà posto per gesta abbaglianti, fra l'altro perché non ne avrete l'occasione. Invece, non vi mancano le occasioni per dimostrare nelle cose piccole, normali, il vostro amore a Cristo. ...
Nel meditare queste parole di Cristo: Pro eis ego sanctifico me ipsum, ut sint et ipsi sanctificati in veritate, per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità [Gv 17, 19], percepiamo con chiarezza il nostro unico fine: la santificazione, cioè il dovere di essere santi per santificare. Nel contempo, come una sottile tentazione, può venirci in mente che solo in pochi siamo decisi a rispondere alla chiamata divina, e per di più ci riconosciamo strumenti con ben scarse attitudini. E' vero, siamo in pochi in confronto al resto dell'umanità, e personalmente non valiamo nulla; ma l'affermazione del Maestro risuona con tutta la sua autorità: il cristiano è luce, sale, lievito del mondo, e un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta [Mt 5,13-14; Gal 5,9].
Un'altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.
Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».
Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,
perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
San Josemaría Escrivá de Balaguer (1902-1975), sacerdote.
Omelie in Amigos de Dios
“Perché tutta la pasta fermenti"
Vi ricordo che la grandezza consiste nel sostenere in modo divino il compimento fedele dei doveri abituali di ogni giorno, le lotte quotidiane che riempiono di gioia il Signore e che soltanto Lui e ciascuno di noi conosciamo. Convincetevi che, d'ordinario, non ci sarà posto per gesta abbaglianti, fra l'altro perché non ne avrete l'occasione. Invece, non vi mancano le occasioni per dimostrare nelle cose piccole, normali, il vostro amore a Cristo. ...
Nel meditare queste parole di Cristo: Pro eis ego sanctifico me ipsum, ut sint et ipsi sanctificati in veritate, per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità [Gv 17, 19], percepiamo con chiarezza il nostro unico fine: la santificazione, cioè il dovere di essere santi per santificare. Nel contempo, come una sottile tentazione, può venirci in mente che solo in pochi siamo decisi a rispondere alla chiamata divina, e per di più ci riconosciamo strumenti con ben scarse attitudini. E' vero, siamo in pochi in confronto al resto dell'umanità, e personalmente non valiamo nulla; ma l'affermazione del Maestro risuona con tutta la sua autorità: il cristiano è luce, sale, lievito del mondo, e un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta [Mt 5,13-14; Gal 5,9].
Matteo 13,36-43.
Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.
Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,
e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.
Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità
e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.
Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!
Sant'Ilario di Poitiers (circa 315-367), vescovo, dottore della Chiesa
Trattato sulla Trinità, XI, 39-40
“Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro”
“Cristo consegnerà il regno a Dio Padre”, dice San Paolo (1Cor 15,24), non nel senso che rinuncerà al potere consegnandogli il Regno, ma perché noi saremo il Regno di Dio, quando saremo stati resi conformi alla gloria del suo corpo..., costituiti Regno di Dio dalla glorificazione del suo corpo. Siamo noi che egli consegnerà al Padre, come Regno, secondo quanto dice il Vangelo: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25,34).
"I giusti brilleranno come il sole nel Regno del loro Padre”. Poiché il Figlio consegnerà a Dio, come suo Regno, coloro che ha invitati al suo Regno, coloro a cui ha promesso la beatitudine propria di questo mistero con le parole: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8)... Ecco che coloro che consegna al Padre come suo Regno vedono Dio.
Il Signore stesso ha dichiarato agli apostoli in cosa consiste il Regno: “Il regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17,21). E se qualcuno cerca di sapere chi è colui che consegna il Regno, ascolti: “Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti” (1Cor 15,20-21). Tutto questo riguarda il mistero del Corpo, poiché Cristo è il primo resuscitato dai morti... E' dunque per il progresso dell'umanità assunta da Cristo che “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28).
Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.
Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,
e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.
Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità
e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.
Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!
Sant'Ilario di Poitiers (circa 315-367), vescovo, dottore della Chiesa
Trattato sulla Trinità, XI, 39-40
“Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro”
“Cristo consegnerà il regno a Dio Padre”, dice San Paolo (1Cor 15,24), non nel senso che rinuncerà al potere consegnandogli il Regno, ma perché noi saremo il Regno di Dio, quando saremo stati resi conformi alla gloria del suo corpo..., costituiti Regno di Dio dalla glorificazione del suo corpo. Siamo noi che egli consegnerà al Padre, come Regno, secondo quanto dice il Vangelo: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25,34).
"I giusti brilleranno come il sole nel Regno del loro Padre”. Poiché il Figlio consegnerà a Dio, come suo Regno, coloro che ha invitati al suo Regno, coloro a cui ha promesso la beatitudine propria di questo mistero con le parole: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8)... Ecco che coloro che consegna al Padre come suo Regno vedono Dio.
Il Signore stesso ha dichiarato agli apostoli in cosa consiste il Regno: “Il regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17,21). E se qualcuno cerca di sapere chi è colui che consegna il Regno, ascolti: “Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti” (1Cor 15,20-21). Tutto questo riguarda il mistero del Corpo, poiché Cristo è il primo resuscitato dai morti... E' dunque per il progresso dell'umanità assunta da Cristo che “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28).
Matteo 13,44-46.
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;
trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Sant'Ireneo di Lione (circa130-circa 208), vescovo, teologo e martire
Contro le Eresie, IV, 26 ; SC 100, 711
Il tesoro nascosto nel campo delle Scritture
Cristo era presente a tutti coloro ai quali, dal principio, Dio comunicava la sua Parola, il suo Verbo. E se qualcuno legge la Scrittura in questa prospettiva, troverà in essa un'espressione concernente Cristo e una prefigurazione della chiamata nuova. Infatti è lui « il tesoro nascosto nel campo » cioè nel mondo (Mt 13, 38). Tesoro nascosto nelle Scritture, perché veniva manifestato attraverso figure e parabole che, umanamente parlando, non potevano essere intese prima che le profezie fossero compiute, cioè prima della venuta del Signore. Perciò è stato detto al profeta Daniele : « Chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine » (Dn 12, 4)... Anche Geremia dice : « Alla fine dei giorni comprenderete tutto ! » (Ger 22, 20)...
Letta dai cristiani, la legge è un tesoro, un tempo nascosto in un campo, ma rivelato e spiegato dalla croce di Cristo ; ... essa manifesta la sapienza di Dio, rivela i suoi disegni di salvezza per l'uomo, prefigura il Regno di Cristo, preannuncia la Buona Novella dell'eredità della Gerusalemme santa, predice che l'uomo che ama Dio progredirà fino a vederlo ed a udire la sua parola, e sarà glorificato da questa parola...
In questo modo, dopo la sua risurrezione, il Signore ha spiegato le Scritture ai suoi discepoli, dimostrando loro con esse che « bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria » (Lc 24, 26). Quindi se qualcuno legge le Scritture in questo modo, sarà un discepolo perfetto, « simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e antiche » (Mt 13, 52).
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;
trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Sant'Ireneo di Lione (circa130-circa 208), vescovo, teologo e martire
Contro le Eresie, IV, 26 ; SC 100, 711
Il tesoro nascosto nel campo delle Scritture
Cristo era presente a tutti coloro ai quali, dal principio, Dio comunicava la sua Parola, il suo Verbo. E se qualcuno legge la Scrittura in questa prospettiva, troverà in essa un'espressione concernente Cristo e una prefigurazione della chiamata nuova. Infatti è lui « il tesoro nascosto nel campo » cioè nel mondo (Mt 13, 38). Tesoro nascosto nelle Scritture, perché veniva manifestato attraverso figure e parabole che, umanamente parlando, non potevano essere intese prima che le profezie fossero compiute, cioè prima della venuta del Signore. Perciò è stato detto al profeta Daniele : « Chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine » (Dn 12, 4)... Anche Geremia dice : « Alla fine dei giorni comprenderete tutto ! » (Ger 22, 20)...
Letta dai cristiani, la legge è un tesoro, un tempo nascosto in un campo, ma rivelato e spiegato dalla croce di Cristo ; ... essa manifesta la sapienza di Dio, rivela i suoi disegni di salvezza per l'uomo, prefigura il Regno di Cristo, preannuncia la Buona Novella dell'eredità della Gerusalemme santa, predice che l'uomo che ama Dio progredirà fino a vederlo ed a udire la sua parola, e sarà glorificato da questa parola...
In questo modo, dopo la sua risurrezione, il Signore ha spiegato le Scritture ai suoi discepoli, dimostrando loro con esse che « bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria » (Lc 24, 26). Quindi se qualcuno legge le Scritture in questo modo, sarà un discepolo perfetto, « simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e antiche » (Mt 13, 52).
Matteo 13,47-53.
Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.
Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni
e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là
Concilio Vaticano II
Gaudium et Spes, 39, 2-3
« Il Regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare »
Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso (Lc 9, 25). Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.
Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » (Rm 8, 19-21). Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.
Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.
Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni
e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là
Concilio Vaticano II
Gaudium et Spes, 39, 2-3
« Il Regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare »
Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso (Lc 9, 25). Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.
Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » (Rm 8, 19-21). Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.
Matteo 20,20-28.
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa.
Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo».
Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».
Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli;
ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere.
Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo,
e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo;
appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti».
San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Omelie sul Vangelo, 35
“Il mio calice lo berrete”
Fratelli, poiché oggi celebriamo la festa di un martire, dobbiamo sentirci interpellati dalla forma di pazienza che egli ha praticato. Perché, se ci sforziamo con l'aiuto del Signore di conservare questa virtù, non mancheremo di ottenere la palma del martirio, anche se viviamo in un tempo di pace per la Chiesa. Infatti ci sono due specie di martiri: l'una consiste in una disposizione dello spirito, l'altra aggiunge a questa disposizione dello spirito gli atti esteriori. Ecco perché possiamo essere martiri anche se non moriamo uccisi dalla spada del carnefice. Morire per mano dei persecutori è il martirio in atto, nella sua forma visibile; sopportare le ingiurie amando chi ci odia, è il martirio nello spirito, nella sua forma nascosta.
Che ci siano due specie di martiri, l'uno nascosto, l'altro pubblico, lo attesta la Verità quando domanda ai figli di Zebedeo: “ Potete bere il calice che io berrò?” Avendo essi replicato: “Lo possiamo”, il Signore risponde subito: “Il mio calice, lo berrete”. Cosa dobbiamo intendere, attraverso questo calice, se non i dolori della Passione, di cui egli dice ancora: “Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice”? (Mt 26,39) I figli di Zebedeo, ovvero Giacomo e Giovanni, non sono morti tutti e due martiri, eppure a entrambi è stato detto che avrebbero bevuto il calice. Infatti, benché Giovanni non sia morto martire, lo è comunque stato, poiché i dolori che non ha subito nel corpo, li ha provati nello spirito. Dobbiamo dunque concludere da questo esempio che anche noi possiamo essere martiri senza passare per la spada, se conserviamo la pazienza nell'anima.
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa.
Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo».
Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».
Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli;
ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere.
Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo,
e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo;
appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti».
San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Omelie sul Vangelo, 35
“Il mio calice lo berrete”
Fratelli, poiché oggi celebriamo la festa di un martire, dobbiamo sentirci interpellati dalla forma di pazienza che egli ha praticato. Perché, se ci sforziamo con l'aiuto del Signore di conservare questa virtù, non mancheremo di ottenere la palma del martirio, anche se viviamo in un tempo di pace per la Chiesa. Infatti ci sono due specie di martiri: l'una consiste in una disposizione dello spirito, l'altra aggiunge a questa disposizione dello spirito gli atti esteriori. Ecco perché possiamo essere martiri anche se non moriamo uccisi dalla spada del carnefice. Morire per mano dei persecutori è il martirio in atto, nella sua forma visibile; sopportare le ingiurie amando chi ci odia, è il martirio nello spirito, nella sua forma nascosta.
Che ci siano due specie di martiri, l'uno nascosto, l'altro pubblico, lo attesta la Verità quando domanda ai figli di Zebedeo: “ Potete bere il calice che io berrò?” Avendo essi replicato: “Lo possiamo”, il Signore risponde subito: “Il mio calice, lo berrete”. Cosa dobbiamo intendere, attraverso questo calice, se non i dolori della Passione, di cui egli dice ancora: “Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice”? (Mt 26,39) I figli di Zebedeo, ovvero Giacomo e Giovanni, non sono morti tutti e due martiri, eppure a entrambi è stato detto che avrebbero bevuto il calice. Infatti, benché Giovanni non sia morto martire, lo è comunque stato, poiché i dolori che non ha subito nel corpo, li ha provati nello spirito. Dobbiamo dunque concludere da questo esempio che anche noi possiamo essere martiri senza passare per la spada, se conserviamo la pazienza nell'anima.
Matteo 23,13-22.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.
Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?
E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.
Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?
Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;
e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.
E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.
Concilio Vaticano II
Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo « Gaudium et spes », § 83,1; 82,4
“Guai a voi, guide cieche”
L'edificazione della pace esige prima di tutto che, a cominciare dalle ingiustizie, si eliminino le cause di discordia che fomentano le guerre. Molte occasioni provengono dalle eccessive disparità economiche e dal ritardo con cui vi si porta il necessario rimedio. Altre nascono dallo spirito di dominio, dal disprezzo delle persone e, per accennare ai motivi più reconditi, dall'invidia, dalla diffidenza, dall'orgoglio e da altre passioni egoistiche. Poiché gli uomini non possono tollerare tanti disordini avviene che il mondo, anche quando non conosce le atrocità della guerra, resta tuttavia continuamente in balia di lotte e di violenze. I medesimi mali si riscontrano inoltre nei rapporti tra le nazioni. Quindi per vincere e per prevenire questi mali, per reprimere lo scatenamento della violenza, è assolutamente necessario che le istituzioni internazionali sviluppino e consolidino la loro cooperazione e la loro coordinazione e che, senza stancarsi, si stimoli la creazione di organismi idonei a promuovere la pace.
La Chiesa di Cristo nel momento in cui, posta in mezzo alle angosce del tempo presente, ... non cessa tuttavia di nutrire la più ferma speranza. Agli uomini della nostra età essa intende presentare con insistenza, sia che l'accolgano favorevolmente, o la respingano come importuna, il messaggio degli apostoli: “Ecco ora il tempo favorevole » per trasformare i cuori, «ecco ora i giorni della salvezza» (2Cor 6,2).
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.
Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?
E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.
Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?
Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;
e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.
E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.
Concilio Vaticano II
Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo « Gaudium et spes », § 83,1; 82,4
“Guai a voi, guide cieche”
L'edificazione della pace esige prima di tutto che, a cominciare dalle ingiustizie, si eliminino le cause di discordia che fomentano le guerre. Molte occasioni provengono dalle eccessive disparità economiche e dal ritardo con cui vi si porta il necessario rimedio. Altre nascono dallo spirito di dominio, dal disprezzo delle persone e, per accennare ai motivi più reconditi, dall'invidia, dalla diffidenza, dall'orgoglio e da altre passioni egoistiche. Poiché gli uomini non possono tollerare tanti disordini avviene che il mondo, anche quando non conosce le atrocità della guerra, resta tuttavia continuamente in balia di lotte e di violenze. I medesimi mali si riscontrano inoltre nei rapporti tra le nazioni. Quindi per vincere e per prevenire questi mali, per reprimere lo scatenamento della violenza, è assolutamente necessario che le istituzioni internazionali sviluppino e consolidino la loro cooperazione e la loro coordinazione e che, senza stancarsi, si stimoli la creazione di organismi idonei a promuovere la pace.
La Chiesa di Cristo nel momento in cui, posta in mezzo alle angosce del tempo presente, ... non cessa tuttavia di nutrire la più ferma speranza. Agli uomini della nostra età essa intende presentare con insistenza, sia che l'accolgano favorevolmente, o la respingano come importuna, il messaggio degli apostoli: “Ecco ora il tempo favorevole » per trasformare i cuori, «ecco ora i giorni della salvezza» (2Cor 6,2).
Matteo 23,23-26.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.
Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.
Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!
Catechismo della Chiesa Cattolica
§ 1455-1458
“Pulisci prima l'interno del bicchiere”
La confessione dei peccati (l'accusa), anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l'accusa, l'uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire. La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza...: “I cristiani [che] si sforzano di confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. ...[Ma] “se l'ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce” [Concilio di Trento; San Girolamo].
Secondo il precetto della Chiesa, “ogni fedele, raggiunta l'età della discrezione, è tenuto all'obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell'anno” ... Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa. In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui: ( Lc 6,36)...
Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla Luce (Sant'Agostino, Gv 12, 13).
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.
Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.
Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!
Catechismo della Chiesa Cattolica
§ 1455-1458
“Pulisci prima l'interno del bicchiere”
La confessione dei peccati (l'accusa), anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l'accusa, l'uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire. La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza...: “I cristiani [che] si sforzano di confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. ...[Ma] “se l'ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce” [Concilio di Trento; San Girolamo].
Secondo il precetto della Chiesa, “ogni fedele, raggiunta l'età della discrezione, è tenuto all'obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell'anno” ... Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa. In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui: ( Lc 6,36)...
Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla Luce (Sant'Agostino, Gv 12, 13).
Dal Vangelo secondo Matteo 24,42-51.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.
Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto?
Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così!
In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni.
Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire,
e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi,
arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa,
lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti.
San Colombano (563-615), monaco, fondatore di monasteri
Istruzioni spirituali, n. 12,2
“Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14)
Quanto sono felici e degni di invidia, “i servi che il padrone, al suo ritorno, troverà vigilanti” (Lc 12,37). Beata vigilanza che li tiene svegli per l'incontro con Dio, il Creatore dell'universo, di cui la maestà riempie ogni cosa e tutte le supera.
E per me che sono servo, malgrado la mia indegnità, Dio voglia svegliarmi dal sonno della mia indolenza. Faccia bruciare in me il fuoco dell'amore divino; la fiamma del suo amore salga più in alto delle stelle: bruci senza posa dentro di me il desiderio di rispondere alla sua infinita tenerezza. Oh, se mi fosse dato di poter tenere tutta la notte la mia lampada accesa e ardente nel tempio del Signore! Se essa potesse illuminare tutti coloro che entrano nella casa del mio Dio! (cf Mt 5,15) Signore, concedimi questo amore che si guarda da ogni forma di rallentamento, sappia tenere sempre accesa la mia lampada, senza mai lasciarla spegnere; sia essa fuoco in me, e luce per il mio prossimo.
Dal Vangelo secondo Matteo 25,1-13.
Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.
Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;
le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio;
le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.
Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.
A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!
Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.
E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.
Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.
Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.
Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!
Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.
Sant'Efrem Siro (circa 306-373), diacono in Siria, dottore della Chiesa
Commento sul Vangelo concordante, § 18,15s ; SC 121
“Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora” Il Signore ci ha detto: “Quanto a quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio” , per impedire ogni domanda sul momento in cui avverrà: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti” (Mt 24,36; At 1,7). Ce l'ha nascosto perché vegliassimo, e ciascuno di noi possa pensare che ciò accadrà nella sua vita...
Vegliate, poiché quando il corpo dorme, la natura ci domina, ed il nostro agire è guidato non dalla volontà, ma dalla forza della natura. E quando regna sull'anima un torpore pesante di debolezza e tristezza, è il nemico che la domina e la porta contro la sua stessa volontà... Ecco perché nostro Signore ha parlato di vigilanza dell'anima e di quella del corpo, affinché il corpo non cada in un sonno pesante né l'anima nell'apatia. Come dice la Scrittura: “Ritornate in voi, come conviene” (1Cor 15,34) e “Se mi sveglio, con te sono ancora” (Sal 139,18) e “Non perdetevi d'animo” (cf Ef 3,13)...
“Cinque di loro, dice il Signore, erano stolte e cinque sapienti”. Non è alla verginità che egli ha attribuito la sapienza, poiché tutte erano vergini, bensì alle loro opere buone. Se la tua castità eguaglia la santità degli angeli, nota che la santità degli angeli è pura dal desiderio e di ogni altro male. Quindi, se non sarai rimproverato per l'impurità, sta' attento a non esserlo per la rabbia e la collera... “Le cinture siano ben strette ai vostri fianchi”, affinché la castità sia più leggera. “E le vostre lampade accese” (Lc 12,35), perché il mondo è come la notte: ha bisogno della luce dei giusti. “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16).
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